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Calciomercato : Hector Cuper torna nella Liga, allenerà il Racing Santander

29 giugno 2011 3.015 views Nessun Commento

La storia di Hector Cuper, allenatore etichettato come un  ”perdente di successo”, che in tanti casi è uscito vinto per colpe non proprie.

Dopo le ultime due annate trascorse  in Grecia sulla panchina dell’Aris Salonicco, con in mezzo infauste esperienze alla guida del Betis Siviglia, del Parma e della Nazionale georgiana, Hector Cuper riparte dalla Liga spagnola, facendolo più precisamente dal dignitoso Racing Santander. Anche se non ci deliziò mai il palato a suon di calcio champagne, il tecnico argentino non era di sicuro un allenatore dai cattivi connotati. Il suo credo era quello di  privilegiare  il gruppo al singolo, non facendo distinzione tra prime donne e comprimari.  Nei suoi trascorsi interisti, anche una stella del calibro di Ronaldo fu costretta a fare le valige, diventando l’esempio più emblematico di questa filosofia.  Hector Cuper, salì agli onori delle cronache durante la sua esperienza europea sulla panchina del Maiorca, che raggiunse l’apice con la finale di Coppa delle Coppe del 1998/99 persa contro la Lazio. Il tecnico argentino, fu capace di dare una dimensione alla squadra delle Baleari, tramutandola da cenerentola a formazione in grado di proporre un gioco semplice ma efficace. Il trequartista Ariel Ibagaza, era l’elemento di maggior talento e colui che spesso giostrava tra la linea di centrocampo e quella di attacco. I suoi fantastici assist,  permisero alla punta Dani Garcia di fare molti goal e quindi di consacrasi anche a  livello internazionale. Il difensore centrale Marcelinho, formava insieme al capitano Siviero una delle più solide coppie di difesa che c’erano al momento in circolazione.  Il portiere Carlos Roa, oltre a fare parate strepitose, fece parlare di se per la sua immensa devozione a Dio e al cristianesimo. L’esterno destro camerunense Etame Lauren, divenne uomo mercato e personaggio pittoresco del calcio di fine anni 90. Facevano notizia i suoi capelli Rasta e la sua scaramanzia cronica, che prima di ogni partita lo spingeva ad infilare una pesata spagnola dentro uno dei suoi due scarpini. Finita l’era maiorchina, per Cuper arrivò il momento di confrontarsi con una piazza più esigente. Ad ingaggiarlo ci pensò il Valencia, che aveva da poco salutato un Claudio Ranieri passato all’Atletico Madrid. Con i levantini, costruì un giocattolo capace di entusiasmare e di conquistare due finali di Champions League consecutive. Il basco Gaizka Mendieta, era il capitano e la stella della squadra, un vero leader in grado di trascinare i suoi compagni e di infiammare la folla del Mestalla. Nella finale di Champions del 1999/00 giocata a Parigi, il Valencia venne schiantato con un netto 3-0 da un Real Madrid più forte e più esperto. Nell’annata successiva i levantini si proposero  come la squadra da battere, ma ad imporsi nella finale di Champions giocata a Milano fu il Bayern Monaco. Il portiere teutonico Oliver Kahn parò l’imparabile, aiutando in maniera decisiva i tedeschi a conquistare quella coppa. Nonostante le tre finali europee perse consecutivamente, Massimo Moratti decise di affidare a Cuper il nuovo corso interista. Il compito dell’argentino, era quello di ripercorrere le orme del suo connazionale Helenio Herrera, dando vita ad una nuova grande Inter. Fino all’ultima giornata della stagione 2001/02,  ebbe in mano un campionato, che sembrava davvero pura utopia poter perdere. Il 5 maggio del 2002,  con la sconfitta nell’ultimo turno per 4-2 ad opera della Lazio, successe però un vero e proprio dramma sportivo. I nerazzurri, oltre a perdere uno Scudetto che finì sulle maglie bianconere della Juventus, vennero anche scavalcati al secondo posto dall’ottima Roma di Fabio Capello. Da quel giorno li, Hector Cuper venne etichettato da stampa e tifosi come un perdente di successo. Spesso e volentieri “catenacciaro”, non ha di certo però avuto la fortuna dalla sua parte. In questo senso, assolutamente esente da colpe, se un Vratislav Gresko qualunque decide di fargli perdere uno Scudetto in un soleggiato giorno di maggio.

A cura di Francesco Vitale

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