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Editoriale: Il Napoli gioca a Coppe, lasciando il “palo” scoperto. Novara, Tesser senza colpe, e le favole non sempre hanno un lieto fine. Igor Budan, il Palermo nel destino.

30 gennaio 2012 1.339 views Nessun Commento

(di Michele Pavese)

Due squadre in fuga, Juventus e Milan, che si contenderanno il titolo presumibilmente fino all’ultima giornata;
Tre formazioni, Udinese, Lazio ed Inter, che lotteranno per l’ultimo posto-Champions disponibile;
Una bagarre intensa in zona retrocessione, con 6-7 compagini coinvolte;
Tante comparse “anonime”, che si ritrovano a metà stagione senza un particolare obiettivo a cui puntare.
Questo è il bilancio tracciabile al giro di boa del campionato.

Nell’ultima categoria elencata, ad oggi, può essere annoverato anche chi sta deludendo in maniera più evidente: il Napoli.

Ma intendiamoci: era facilmente intuibile che i partenopei non potessero reggere su tre fronti, e dovessero per forza di cose “scegliere”. La squadra di Mazzarri, dopo aver dato tutto nel terribile girone di Champions, ed aver colto una meritatissima qualificazione agli ottavi, si è un po’persa in campionato. I dati sono significativi ed impietosi: 7 vittorie totali, 15 punti nelle ultime 12 partite. E 15 sono anche i punti che separano il Napoli dalla vetta: l’anno scorso erano solo 4.
A ciò si aggiunga che il San Paolo pare non essere più il fortino inespugnabile che era stato finora: appena 16 su 30 i punti conquistati tra le mura amiche.
Di sicuro, De Laurentiis e Mazzarri avranno fatto i loro calcoli. E avranno anche ragione a voler portare avanti un discorso più “europeo”, accrescendo il prestigio internazionale della squadra, cercando di andare avanti il più possibile nella massima competizione continentale. Però, attualmente, il settimo posto del Napoli lo catapulterebbe fuori dall’Europa per la prossima stagione. Anche se si tratta di un dato relativo, visto che in realtà un eventuale accesso (tutt’altro che improbabile) in finale di Coppa Italia, garantirebbe agli azzurri la partecipazione almeno all’Europa League. Ma chissà cosa succederà da qui a maggio…

Nel bel mentre della stesura del mio editoriale, provo un grosso dispiacere per la notizia dell’esonero di Attilio Tesser (sostituito da Emiliano Mondonico).
I piemontesi sono mestamente ultimi, e nonostante l’encomiabile impegno profuso ogni domenica, hanno dimostrato una pochezza a livello tecnico quasi imbarazzante.
L’ultimo posto solitario diventa, come al solito, una spada di Damocle sulla testa dell’allenatore. Ma onestamente, nemmeno sir Alex Ferguson avrebbe potuto fare di meglio con questo Novara. Una rosa inadeguata ed incomprensibili scelte di mercato hanno portato a questa situazione irreversibile.
A Tesser dovrebbero essere grati tutti, per il sogno che ha fatto vivere, per il lavoro portato avanti sempre con dedizione e professionalità.
Tra le colpe maggiori di una stagione sin qui fallimentare, c’è quella di aver rivoluzionato più e più volte la rosa, soprattutto nel reparto offensivo, senza però cavarci un ragno dal buco. E certamente queste non sono responsabilità attribuibili al mister.
Se guardiamo nello specifico, era un’utopia pensare di trovare i gol-salvezza da gente come Granoche, Jeda, Morimoto e Meggiorini, per un motivo semplicissimo: tutti e 4, chi più chi meno, facevano la panchina l’anno scorso nelle rispettive società di provenienza, e certamente non sono mai stati dei goleador implacabili (solo Meggiorini un paio d’anni fa in B), nè giocatori in grado di fare la differenza in Serie A. Per Caracciolo e Mascara, gli acquisti di gennaio, vale lo stesso discorso.
Trattenere Gonzalez e Bertani, e tentare il miracolo con gli stessi artefici della cavalcata trionfale della passata stagione, preservando alcuni automatismi ben collaudati e consolidati: questa poteva essere una strada percorribile. E sono sicuro che sia un pensiero ricorrente per tutti, anche per i due grandi ex che, rispettivamente al Siena e alla Sampdoria, non stanno certamente entusiasmando e incontrando situazioni favorevoli.
Sarebbe stato uno spot meraviglioso per tutto il calcio italiano se il tecnico di Montebelluno avesse potuto terminare la stagione, per poi provare l’anno prossimo a ripetere l’impresa. Realtà come quella novarese fanno bene a questo sport, a Verona ne sanno qualcosa. Ma quando mancano le basi e una programmazione seria e lungimirante, è difficile mantenersi a certi livelli. E quando le cose vanno male, ad andare alla gogna è sempre la solita figura. Ad ogni modo, un grandissimo bentornato al “Mondo”.

La storia di Igor Budan è una di quelle da libro cuore. A memoria non ricordo molti giocatori più sfortunati di questo gigante croato, che dal 2004 ad oggi ha subito una marea di infortuni ed interventi chirurgici, che ne hanno rallentato l’ascesa nel panorama calcistico mondiale. Il buon Igor arriva in Italia nel 1999 a Venezia, con belle speranze ed un sogno: quello di diventare un centravanti di fama mondiale. Le doti fisiche non gli mancano di certo, e anche tecnicamente Budan dimostra di avere buone qualità. Piano piano inizia a realizzare gol pesanti, come gli 11 che nel 2003-04 trascinarono l’Atalanta alla promozione in A, o i 13 del 2006-07 che contribuirono alla salvezza del Parma.
Da lì in poi, solo un lungo calvario: una decina di operazioni (soprattutto alle ginocchia), infortuni di varia natura e periodi di convalescenza piuttosto lunghi. Il Palermo però, che nel frattempo diviene proprietario del suo cartellino, lo coccola e lo aspetta, e Budan ogni volta risponde presente, pur giocando poco. Nella passata stagione viene ceduto in prestito al Cesena, ma il suo utilizzo si limita per lo a più spezzoni da subentrato, in quanto gli viene preferito l’ariete albanese Bogdani.
Torna quindi al Palermo durante la scorsa sessione estiva di mercato, ma i problemi fisici continuano ad assillarlo, e non gli permettono di allenarsi con continuità.
Così decide di compiere una scelta lodevole: ridursi l’ingaggio spalmandolo negli anni di contratto rimasti. Un gesto che fa scalpore visti i tempi che corrono, poco pubblicizzato ed elogiato, anche se non si tratta del primo caso assoluto.
Dopo l’ennesimo intervento, stavolta per una frattura delle ossa del naso, fa il suo esordio stagionale nell’ottavo di Coppa Italia contro il Siena, in cui resta in campo per un’ora.
Da lì in poi gioca col contagocce, ma a gennaio cambia qualcosa: va via Pinilla, Hernandez è ancora indisponibile, e il nuovo allenatore, Bortolo Mutti, avverte la necessità di dover schierare un centravanti di peso da affiancare a Miccoli.
Così decide di affidarsi all’usato sicuro, al bomber sfortunato, uscito per l’ennesima volta dal tunnel: lui ripaga la fiducia nel migliore nei modi, segnando prima un gol al Genoa, e poi una doppietta al Novara.
Il suo fragile fisico, ironia della sorte per un colosso come lui, gli ha negato sempre quelle gioie che avrebbe meritato. Ma l’impressione è che, alla soglia dei 32 anni, per Budan ci siano ancora delle pagine da scrivere. Nella “sua” Palermo.

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