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Il pagellone della settimana: Borini e Nocerino inarrestabili. Vucinic non ingrana

12 marzo 2012 1.295 views Nessun Commento

(di Alessio Nardo) E’ uno dei giocatori più soprannominati della storia della Roma. C’è chi lo chiama “Taz”, chi “il Toro”, chi “il Pirata”. Lui è semplicemente Fabio Borini, il semisconosciuto fanciullo arrivato ad agosto (dal nulla) e divenuto in pochi mesi l’idolo della Sud. Perché? Semplice: interpreta al meglio ciò che i tifosi vorrebbero da ogni singolo giocatore: grinta, bava alla bocca, freddezza, sacrificio costante. E tanti gol: 9 in campionato, 10 stagionali. A tali medie viaggia anche Antonio Nocerino, che punta non è, ma la butta dentro più e meglio dei vari Robinho, Pato, El Shaarawy e Maxi Lopez. Nel Milan, solo Ibra meglio di lui. Otto reti, ovvero quelle messe a segno (in totale) da Pellissier e Vucinic, goleador in crisi. Analizziamo la splendida serata del Bologna all’Olimpico (le maglie celebrative portano male, cari tifosi laziali…) e il festoso ritorno di Tesser a Novara. E poi due casi esotici: Larrivey e Zahavi. Infine, viaggio in alcune nauseabonde abitudini appartenenti al calcio made in Italy.

FABIO BORINI voto 10
Gli aggettivi per questo ragazzo ormai si stanno esaurendo. Rischiamo di ripeterci, di dire cose già dette, d’esser stucchevoli. Ma se ci pensiamo bene, la storia di Fabio Borini è un romanzo di quelli che chi ama davvero il calcio non può non apprezzare. La storia di un ragazzo giovane, semisconosciuto, sbarcato all’improvviso in una piazza importante, quasi nel silenzio. Trentuno agosto duemilaundici: Borini è della Roma, in prestito dal Parma. “Ma chi è questo qui??”, il pensiero comune. “Il nuovo Zamblera”, la risposta più ironica. Chi diamine avrebbe pensato, quel giorno di fine agosto, che Fabio da Bentivoglio sarebbe stato il primo romanista a raggiungere la doppia cifra in stagione? A malapena ci si chiedeva se avrebbe fatto in tempo ad esordire in Serie A, entro maggio. E invece, la fame e la voglia del giovanotto hanno avuto la meglio sulla “fama” mondiale di ragazzini sì bravi (Bojan e Lamela) ma ancora lontani dall’esser campioni. Fabio campione lo è nella testa, prima ancora che nei piedi. I numeri del trionfo personale son questi: dieci gol stagionali, nove in campionato, quattro consecutivi, sette nelle ultime sette gare. Un treno, un eurostar senza sosta. Il nuovo idolo della piazza giallorossa.

PORTANOVA-DIAMANTI voto 9
Le luci dell’Olimpico erano accese, tutto era pronto per la grande serata della Lazio, reduce dal trionfo nel derby e pronta a far sentire il fiato sul collo di Juventus e Milan. I due protagonisti più attesi in campo? Hernanes e Klose, le stelle biancocelesti sotto il cielo di Roma. E invece, a sorpresa, a far la parte dei leoni son stati i due condottieri bolognesi, Daniele Portanova e Alessandro Diamanti. Il primo, laziale di provata fede, ha saggiato l’agrodolce gusto di far male ai propri colori, sbloccando il risultato e disputando una partita magistrale. Alla “Walter Samuél”. Un muro, pressoché insuperabile. Diamanti, quando è in giornata di grazia, non è un semplice cognome ma un adeguato aggettivo per i suoi piedi. Giocate d’alta scuola, saggi di classe pura e un gol formidabile, alla Quagliarella dei tempi sampdoriani. Per non parlare della traversa colta direttamente da calcio d’angolo. Lazio irretita, Bologna sempre più in alto. Dieci punti oltre ogni possibile rischio.

ANTONIO NOCERINO voto 8
Se Borini è la gran sorpresa di casa Roma, la sponda rossonera di Milano è inebriata dalle opere di Antonio Nocerino da Napoli, un tizio di cui almeno (a differenza del succitato romanista) si conoscevano provenienza, vizi e virtù. O meglio, non proprio tutti i vizietti. Realizzare gol su gol alla media di un centravanti, ad esempio, non rientrava tra le qualità primarie del mastino partenopeo, prelevato dal Milan nell’ultimo giorno di mercato (anzi, nell’ultima ora) per una manciata di spiccioli dal Palermo. Ripiego? Seconda scelta? Umile riserva? Quante se ne son dette. Certo, Nocerino non avrà la classe e l’impatto in campo di un Fabregas o di uno Schweinsteiger (obiettivi seguiti dal Diavolo l’estate scorsa) ma si sta rivelando un grandissimo affare. Centravanti aggiunto, otto gol. Come Hernanes e Lavezzi, uno in meno di Di Vaio, qualcuno in più dei vari Osvaldo, Totti, Vucinic, persino Robinho, Maxi Lopez, figuriamoci Pato, fermo al gol in casa col Chievo. Numeri alla mano, parliamo dell’erede di Gattuso…o di Kakà? Ci sia perdonata la provocazione.

ATTILIO TESSER voto 7
Non per fare i moralisti e i benpensanti, ma che bella immagine che ci ha regalato domenica sera la città di Novara. Qui in Italia, se una squadra perde due partite di fila siamo soliti vedere tifoserie furiose e imbelvite, pronte a scatenare l’inferno. Non eravamo certo abituati a piacevoli spettacoli del genere. La simpatica squadra piemontese, giunta in Serie A lo scorso anno più per strane congiunzioni astrali che per effettive qualità d’organico, è ormai ad un passo dal ritorno in purgatorio. Lo sa la società, lo sapeva Mondonico, lo sa Tesser, lo sanno i tifosi. Eppure, al “Piola” sono accorsi in tanti per la difficile partita con l’Udinese, pronti a riaccogliere a suon di applausi il tecnico della promozione, richiamato d’urgenza al posto del Mondo. Gioia notevole, entusiasmo alle stelle ed un successo quasi inaspettato, che tuttavia non cambia le carte in tavola: il gap di undici punti dal quartultimo posto resta enorme, incolmabile. Eppure a Novara si sono divertiti lo stesso, perché la Serie A è un sogno da vivere sino in fondo.

JOAQUIN LARRIVEY voto 6
Premio “tripletta più inutile della storia del calcio” assegnata di diritto al buon Joaquin Oscar (detto il Bati) Larrivey. Sì, il Bati. Perché da circa quindici anni, ogni giovane centravanti argentino che s’azzarda a fare un paio di gol, viene subito paragonato a tal Gabriel Omar Batistuta. Bestemmie, com’era blasfemo (d’altronde) paragonare i vari Ortega, Riquelme, Saviola, Aimar, D’Alessandro e compagnia bella al sommo Diego Armando Maradona. Sino all’arrivo di Messi. Ecco, lì ci si è fermati. Ed inchinati. L’erede di Batigol va ancora trovato, certamente non corrisponde al 28enne bestione del Cagliari. Un tipetto che fa spola tra Italia e Argentina ormai da anni, senza lasciare il segno. Al San Paolo, Larrivey ha giocato all’uno contro tutti, interpretando la parte del leone in un Cagliari piatto e smorto. Un gol, due gol, tre gol. Mentre nell’opposta area di rigore il conto arrivava a quota sei. Se Larrivey fosse sempre questo, sarebbe un crak. Peccato che in molte altre occasioni, le risposte siano state diverse. E ben più deludenti. Exploit.

SERGIO PELLISSIER voto 5
Un “premio” speciale andrebbe certamente assegnato a Mimmo Di Carlo. Non è facile guidare una squadra provinciale, essere al decimo posto in classifica (a +9 dalla zona “rossa”), il tutto senza un centravanti dall’elevato rendimento. Gli attaccanti del Chievo viaggiano a medie irrisorie: il migliore è Thereau (5 gol), seguito a pari merito da Moscardelli, Paloschi e Pellissier, fermi a quattro. Se dai primi tre nominati non ci aspettava molto (Paloschi sta ulteriormente ritardando l’attesissima esplosione ai massimi livelli), capitan Sergio da anni aveva un appuntamento fisso con la doppia cifra. 22 gol nel 2007-2008 (in Serie B), 13 gol nel 2008-2009, 11 nelle rispettive ultime due stagioni. Stavolta le cose stanno andando male, Pellissier fatica ad essere il solito rapinatore d’area. L’ultimo centro risale al 2 febbraio (a Novara), al “Bentegodi” il gol manca addirittura dal 25 settembre. Con l’Inter, venerdì sera, l’ennesima scialba esibizione. Che fine ha fatto l’implacabile bomber del recente passato?

ERAN ZAHAVI voto 4
Vedere un bel gol in tv, segnarsi il nome del giocatore che lo ha segnato e andarlo a prendere sul mercato. E’ un po’ quello che ha fatto il Palermo con Eran Zahavi, impossibile negarlo. D’altronde, la prodezza del trequartista israeliano in un Lione-Hapoel Tel Aviv di Champions League di qualche anno fa folgorò la visione di noi tutti. Una straordinaria rovesciata alla Ronaldinho, capolavoro di arte e qualità. Peccato che sia rimasto quello l’unico autentico lampo del 25enne Eran, approdato in Sicilia la scorsa estate con tante attese e notevole pressione. Aldilà di rari lampi iniziali, l’avventura del talento di Rishon LeZion è stata un flop, almeno per il momento. Molte partite fiacche, insufficienti, scarsi segnali di vitalità. Contro la Roma, Mutti ha voluto dargli fiducia, spedendo in panchina nientemeno che Josip Ilicic. Quarantacinque minuti di nulla assoluto, poi la sostituzione. Inevitabile.

MIRKO VUCINIC voto 3
A Roma è stato uno dei giocatori più discussi e chiacchierati. Come lo fu Alessandro Faiolhe Amantino, detto Mancini, ricordate? Quando andò via dalla Capitale, sposando la causa interista, in molti si strapparono le vesti, fino a piangere lacrime amare. Poi, qualcuno ha più avuto notizie dell’esterno brasiliano? Un cenno, un guizzo, un qualcosa? No, il nulla. L’Inter lo ha sbolognato al Milan, che a sua volta lo ha rispedito all’Inter. Infine, amaro ritorno in Brasile, ad appena 31 anni. I nostalgici romani di Amantino? Persi, spariti, fuggiti tra le nebbie. Così come è difficile, ora come ora, rintracciare chi la scorsa estate non si rassegnava all’idea di perdere Mirko Vucinic. Definito da molti “fenomeno”, “fuoriclasse”, “campione”. Aggettivi utilizzati a sproposito, da anni. Mirko, talento purissimo, è sempre mancato sul piano mentale. Scarsa personalità, poche “palle”, atteggiamento indolente e irritante. Il ché ne ha limitato l’intera carriera. Ed oggi, la Juventus, contando i suoi gol (4) e l’effettivà incisività, si chiede se sia stato opportuno spendere quindici milioni di euro a fine luglio. La Roma, dal canto suo, si gode un Borini dal talento meno cristallino, ma dallo spessore caratteriale nettamente superiore.

MAGLIE CELEBRATIVE voto 2
A volte, nella vita come nello sport, se si “esagera”, si finisce col fare brutta figura. E i tifosi della Lazio, domenica sera, non si sono certo ricoperti di gloria, andando forse oltre lo spirito di un derby, che è sempre goliardico, ma che va anche vissuto nei tempi e nei modi giusti. Chi festeggia lo fa per due, tre, quattro, anche cinque giorni. Chi “rosica” idem. Ma poi basta, si deve voltar pagina e guardare avanti. Sia perché è bene che a Roma non si viva di solo derby (iniziamo a crescere ed esser meno provinciali…), sia perché l’effetto di una stracittadina, dopo qualche giorno, inevitabilmente sfuma. E invece, la Nord a sette giorni di distanza è tornata sull’argomento, “donando” ai giocatori laziali le maglie celebrative (!) del successo per 2-1 targato Hernanes-Mauri. “Romanisti sempre tristi”, una rima neanche troppo originale. Grasse risate sugli spalti e sotto la curva. Poi? Lazio e Bologna in campo, risultato finale: 1-3. Con la Roma che in un colpo solo, col successo di Palermo, non cancella “il” derby ma i tre punti di distacco maturati “nel” derby. Un tapiro d’oro a tutta la Nord ed una citazione d’obbligo nella rubrica “Pirl Arbor” di Studio Sport XXL.

LAMENTELE ARBITRALI voto 1
E’ una delle tante, tristi mode del nostro calcio. Uno dei mali che rendono il futbol nostrano spesso irritante, maleodorante, a tratti disgustoso. Non parliamo certo delle lamentele “lecite”, occhio. C’è chi, negli anni e nella storia, ha subìto furti veri, vedendosi scippati scudetti e trofei in nome di una malafede acclarata da sentenze sportive e penali. No no, ci riferiamo proprio ai poli opposti. Ovvero, a coloro che in passato hanno beneficiato di aiuti e aiutini (spesso scientifici) delle giacchette nere, e che ora recitano la parte dei seviziati e dei maltrattati, distinguendosi per una faccia di tolla fuori dal comune. La Juve, in sé per sé, a livello di dichiarazioni pubbliche, non sta nemmeno eguagliando quanto si legge sui vari siti e blog di stampo bianconero. Il vittimismo è lo stesso di coloro che si sentivano martoriati da Calciopoli, gli “unici a pagare” (dimenticandosi che nessun altro dirigente di club italiano è stato condannato in primo grado a 5 anni e 4 mesi in sede penale), e che ora parlano di “scudetto rubato” per un gol annullato a Pepe a Genova. Non citando, ovviamente, il clamoroso rigore negato a Marco Rossi al 92′ (fallo di Pirlo) e la rete fantasma di Muntari nel big match scudetto di due settimane fa a San Siro. Si sa, “buttarla in caciara” è sempre la soluzione più facile. Ma divlugare informazioni palesemente distorte e “malate” è inaccettabile, soprattutto da parte di presunti addetti ai lavori (e non di semplici tifosi da forum).

ENRICO PREZIOSI voto 0
Un’altra spiacevole abitudine (più che del nostro calcio, della nostra Italia) è la difesa immediata e istintiva del proprio orticello. Quando vien fuori un caso scottante, che riguardi qualsiasi tipo di episodio “sospetto”, la logica e il buon senso dovrebbero portare chiunque a desiderare che venga fatta chiarezza sullo stesso, per il bene e la pulizia dello sport. Invece, cosa accade? Che le società di calcio, ancor prima di approfondire l’argomento, si schierano subito a difesa del proprio tesserato, senza sapere esattamente cosa ha fatto, se lo ha fatto, come lo ha fatto e perché lo ha fatto. Ricordate il famoso episodio Vidal-Rodriguez in Juventus-Cesena? Perlomeno anomalo, particolare, da studiare e approfondire. La Juve disse “no ad ogni tipo di sospetto”. E perché? E perché mai? C’è una storia recente del nostro calcio che ci dice che “sospettare è sbagliato”? No, anzi. Tutt’altro! Eppure si va avanti così. Stesso discorso per il Genoa e per Preziosi, invischiati (assieme alla Lazio di Lotito, noto socio in affari del presidente rossoblù) nella vicenda scommesse col discusso caso di Giuseppe Sculli, potenziale manovratore della combine di Lazio-Genoa della scorsa stagione, finita 4-2. Interpellato in merito alla questione, Preziosi ha subito difeso il suo ragazzo (all’epoca, fra l’altro, tesserato biancoceleste), con aria quasi indignata. Come se in Italia nessun calciatore avesse mai combinato una partita. Leggasi alla voce Cristiano Doni.

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