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INTER-ROMA 1-3 – Bentornata Zemanlandia. E che non sia un’altra illusione…

3 settembre 2012 1.349 views Nessun Commento

(di Alessio Nardo) Sarà che ultimamente non riesco ad essere al 100% ottimista. Sarà che le esperienze della vita, anche rapportate al calcio, servono. Dunque, non ci casco. Non faccio come miei tanti fratelli romanisti che già s’inebriano d’entusiasmo. No, resto coi piedi per terra e ripenso ad una sera. Il 21 dicembre 2011 giocammo a Bologna, prima di Natale. Era la Roma di Luis Enrique, forse la più deludente e bistrattata degli ultimi quindici anni (diciamo da Carlos Bianchi ad oggi…). Ebbene, quella sera lì a cascarci fummo in tanti. Persi tra sogni e speranze, col paradiso negli occhi, logica conseguenza di una delle più ìmponenti dimostrazioni di superiorità mai esibite da una squadra di calcio a danno di un’altra. Totti e soci annientarono il Bologna, giocando divinamente. Possesso palla, scambi veloci, tocchi rapidi, occasioni da gol. E un 2-0 dolce, saporito, natalizio. Sembrava esser nata la grande Roma “made in America”, con un influente tocco di spagnolo tendente al catalano azulgrana. E invece, non era nato un bel niente.

Un fuoco di paglia, robetta, evaporata nel giro di poche settimane. Con l’infelice evoluzione dei fatti a cui tutti noi abbiamo assistito. Luis Enrique adios, dentro Zeman, “ri”rivoluzione, campagna acquisti 2011 sconfessata e via dicendo. Ora, all’alba di un nuovo percorso, ci risiamo. La Roma, stavolta a settembre e non a dicembre (e già questo è un dato significativo) mostra la miglior versione possibile di sé stessa, dimenticando il pari scialbo con il Catania e devastando l’Inter di Stramaccioni. E’ tornata Zemanlandia, quantomeno in Serie A (sette anni dopo il Lecce). Che partita, ragazzi. Da tempo non ammiravo una Roma del genere. Tosta, spavalda, cattiva, veloce, rapida. E concreta, soprattutto. Capace di stupire e gestire il gioco a Milano, contro l’Inter esperta dei campioni stagionati, con un gruppo composto da molti semi esordienti. Tra questi Mattia Destro, Panagiotis Tachtsitis e…Alessandro Florenzi, al terzo gettone assoluto in Serie A. Suo l’inserimento dell’1-0 al 15′, di testa, su traversone morbido di Totti. La prima gioia.

Primo tempo ben condotto, alla maniera della prima Roma targata Spalletti. Ancora incompleta e inconsapevole della propria forza, ma già spettacolare e irriverente. I difetti ci sono, eccome. La difesa manca di un terzino destro di spessore (Piris sempre in grave affanno) e ogni tanto va in bambola. Come in occasione dell’1-1 di Cassano al 46′. Il brasiliano Castàn, perfetto per il resto della partita, sembra tenere a bada il barese in area ma scivola. Burdisso intercetta il tiro di Fantantonio, il pallone vola in alto, poi scende, colpisce il palo e s’insacca. Il gol dell’ex (all’esordio a San Siro da “interista”) era nell’aria. Da premiare è la reazione di una Roma ancor più spavalda nella ripresa. Affatto intimidita e sprovveduta, ma forte e coraggiosa. Capace subito, sin dall’inizio, di reggere il gioco, impostare la trama, disegnare la propria partita. Al cospetto di un rivale svagato e presuntuoso, senza i giusti collegamenti in campo, sfilacciato e distratto dietro.

Dopo svariati tentativi, al 67′ un’azione tutta in verticale (autentica rarità nel corso della passata stagione) porta Totti a servire in profondità Osvaldo. Il centravanti italoargentino, fiero nemico delle doppiette, scucchiaia in gol e festeggia con la lingua di fuori. Perché per un attaccante è bello, terribilmente bello giocare in una squadra così. Pronta a ruggire in ogni momento. E il terzo ruggito arriva con Marquinho, all’81′. Controllo in area sublime (su grande assist di Osvaldo), sinistro secco sul secondo palo da posizione (quasi) impossibile. Meraviglia. Due note da sottolineare: la sicurezza della Roma a fronte delle assenze in corso d’opera di De Rossi e Balzaretti (entrambi usciti per infortunio) e l’esclusione dei due “teorici” motori di spinta del futuro romanista, Pjanic e Lamela. Lontani dall’undici titolare almeno quanto lo sono (attualmente) dalla dimensione di grandi calciatori. Il resto è l’ingeneroso cartellino rosso riflato da Bergonzi ad Osvaldo per fallo di mano, quasi a tempo scaduto. Tante note liete, persino troppe. L’Inter ha lasciato giocare, il Bologna fra due settimane si chiuderà a riccio. E sarà molto più dura. A questa Roma il compito di dare risposte. Possibilmente senza fermarsi, possibilmente vincendo.

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