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LAZIO-ROMA 3-2 – Nuova galleria degli orrori. E il derby è ancora biancoceleste

12 novembre 2012 1.313 views Nessun Commento

(di Alessio Nardo) Notte fonda, mente fredda, ragiono con un po’ di calma rivivendo il mio derby. Sono romanista e quindi (in questo caso) incudine, inutile negarlo. Per anni siamo stati martello, arrivando quasi a stancarci di stravincere con la Lazio. In tutti i modi. Di goleada, di rimonta, su autogol. Ora i ruoli si sono invertiti. Loro hanno imparato a batterci e lo fanno ormai da tre stracittadine. Con un pizzico di fortuna, sempre rischiando, ma fondamentalmente con merito. Lo dico, lo ammetto, sono onesto: ora come ora, sono più forti. Più solidi, cattivi, capaci di giocare certe partite. Noi? Noi non siamo. Questa è la differenza. La Lazio è una squadra, forte e con i suoi difetti. Ma lo è. Noi? Un’accozzaglia di giocatori. E basta. La qualità c’è e ogni tanto vien fuori. O da Lamela, o da Totti, o da Osvaldo, o da altri. Manca la base, la struttura portante. Andiamo in costante difficoltà, dietro balliamo regolarmente e manca lo spessore dei leader. Quei leader che dovrebbero trascinare e trasportare la Roma in questo lungo, lento e doloroso percorso dal vecchio al nuovo.

E invece? Che succede? Sono loro, i leader (presunti) a mancare in maniera grave. Sì signori. I giocatori più esperti non ci sono, e se ci sono combinano guai. Stekelenburg, Burdisso, Castàn, Balzaretti, De Rossi, Totti, Osvaldo. Loro dovrebbero esser l’anima della squadra. Il Capitano è ammirevole per quel che riesce ancora a fare a 36 anni suonati. Ma gli altri? Una delusione cocente dopo l’altra. Castàn è finito in panchina (forse per litigi con Zeman) restituendo il posto ad un Burdisso irriconoscibile. Balzaretti fin qui è una frana, Stekelenburg non ne parliamo. Su De Rossi andrebbe aperto un capitolo ampio. E lo facciamo, entrando nel merito del derby. Iniziato anche bene per la Roma, con un gol dal sapore illusorio come quello di Osvaldo un anno fa (poi rimontato da Hernanes e Klose). Segna Lamela, ancora lui, ma è l’unico lampo dell’argentino nel primo tempo. Il resto lo fa la Lazio, l’unica delle due squadre a dimostrarsi efficace sul terreno bagnato dal diluvio. Ok, il campo pesante influisce. Ma sia il Parma che la Lazio son riuscite a combinare qualcosa. Noi, come arriva un po’ d’acqua, non riusciamo a fare due passaggi di fila. Sarà mai possibile?

Nonostante l’evidente pressione, è la Roma a regalare il pareggio. O meglio, quel gran fenomeno di Goicoechea. Un portiere che riesce nell’impresa di far rimpiangere l’ultimo Stekelenburg (roba da fenomeni veri). Punizione potente, ma centrale, di Candreva. Traiettoria non irresistibile, tramutata in gol dal liscio imbarazzante del portiere uruguaiano, forse vittima del sortilegio che fu più volte fatale a Muslera in quella stessa porta. Sta di fatto che si va sull’1-1, grazie ad un errore che qualsiasi altro portiere di Serie A (ma anche B) non avrebbe commesso. Il 2-1 è roba ancor più comica. Hernanes e Klose giochicchiano, la difesa romanista osserva come a teatro, il tedesco punge e raddoppia. E per non farci mancare nulla, sempre a fine primo tempo, De Rossi riesce a farsi odiare. Sì, esattamente. Non mi è mai capitato di odiare un giocatore della Roma, ma stavolta ho odiato Daniele. Non si può, è inammissibile e vergognoso farsi cacciare in quel modo. Per un pugno idiota e imbecille ai danni di Mauri. Insensato, immotivato, in un momento delicatissimo. Che razza di leader sei, se lasci la tua squadra in dieci in un derby, quando c’è ancora tutto un secondo tempo per recuperare il risultato?

Il gesto imperdonabile di De Rossi crea uno squarcio con la tifoseria, inutile negarlo. E impicca definitivamente la partita alla Roma. O meglio, non è così. Perché i tifosi giallorossi più ottimisti nell’intervallo pensano a Zeman e al suo derby del 3-3 (gran rimonta in dieci uomini nel 1998) e alle parole del grande Liedholm sui presunti vantaggi nell’avere un uomo in meno. Si sa, nei momenti duri ci si appella a tutto. Il problema è che alla Roma (con Tachtsidis per Lamela) bastano centoventi secondi della ripresa per confezionare un altro capolavoro. Gran bel gol di Mauri su gentile assist di Piris (altra roba da Lega Pro o serie dilettanti). L’imbarazzo è sconfortante. Eppure, nel finale, si va quasi a sfiorare un miracolo leggendario. Mauri si fa cacciare, il neoentrato Pjanic all’85′ segna su punizione (grazie alla complicità di Marchetti, errore comunque molto meno grave rispetto al flop di Goicoechea) e i minuti conclusivi sono un’illusione atroce. Proprio all’ultimo secondo Marquinho e Osvaldo quasi si scontrano in area, non approfittando di un gran lancio di Bradley dalle retrovie, calciando fuori un pallone di platino. Simbolo del periodo che non va. E’ il momento Lazio, dei loro derby, delle loro feste. Come lo è stato in passato per noi. Il problema non è questo. Semmai è la Roma ed il suo futuro, sempre più nebuloso. Perché le giornate passano, e questa squadra resta senz’anima. Senza identità. E anche senza risultati.

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