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Riflessioni romane e romaniste : orrori d’agosto, aspettando il 31…

27 agosto 2011 1.560 views Nessun Commento

(di Alessio Nardo) Non so nemmeno da dove cominciare. In realtà non vorrei dire proprio nulla. Il mio unico desiderio sarebbe quello di calarmi in un silenzio tombale sino alle 19.01 del 31 agosto. Si rischia di blaterare a sproposito, è normale. L’aria è pesantissima e ho bisogno di sfogarmi, sperando che gli eventi mi (e ci) risollevino un po’ il morale da qui a quattro giorni. Ora come ora, mentre vi sto scrivendo (sabato sera), la realtà è cristallina: SIAMO AL RIDICOLO. Stiamo toccando il fondo, sotto tutti i punti di vista. In primis, l’Europa. Sono passati due giorni e ancora non mi va giù. In giro per le radio sento i primi messaggi sbagliati (“Vabbè ma in fondo è meglio così, la squadra avrà più tempo per lavorare”). Cosa? Forse in molti non hanno ben capito cosa è voluto dire per l’immagine della Roma uscire ai preliminari d’Europa League contro lo Slovan Bratislava. Un danno enorme, un obrobrio, uno schifo. La stagione è già abbondantemente fallimentare: la macchia dell’eliminazione estiva ci accompagnerà da qui sino alla primavera, come un’invadente e maleodorante compagna di viaggio. Quel che è successo non va dimenticato, non può essere riposto nel cestino. E’ stata una figura penosa, indegna per la storia recente della Roma, che in Europa (pur non vincendo nulla) si è comunque costruita (a fatica) un’importante credibilità, testimoniata dai coefficienti UEFA che, dal 2001 ad oggi, ci hanno sempre garantito accoppiamenti abbordabili nei gironi di Champions ed Europa League.

Il punto più basso del passato recente giallorosso. Mai una figura simile, mai un’onta del genere. C’è chi nega, sbandierando sconfitte (pur pesanti) del passato, tipo il 7-1 di Manchester. Non scherziamo. All’Old Trafford, in quella notte del 2007, ci stavamo giocando un quarto di finale di ritorno di Coppa dei Campioni. Eravamo immersi nell’elite del futbol europeo, assaporavamo la gloria. Si veniva dal 2-0 di Lione, dal successo dell’andata contro i Red Devils. Un sogno. Interrotto bruscamente, è vero. Ma quella Roma lì, guidata da un immenso professore di calcio in panchina (Luciano Spalletti), seppe rialzare la testa e andare a vincere tre coppe nel giro di un solo anno, sfiorando un meritatissimo scudetto e replicando la scalata ai quarti di Champions nel 2008. Altri tempi, altra Roma, altre atmosfere. L’1-1 di giovedì sera ci ha riportati all’epopea della mediocrità: giocatori scarsi, impotenza, ogni tipo di ambizione azzerata ancor prima d’iniziare a fare sul serio. No, non ci sto. Non mi va giù che sia andata così e che per molti tifosi sia stato UN BENE. No! La rabbia mi divora ancor di più se leggo uno stralcio delle dichiarazioni rilasciate a Sky dal nostro nuovo presidente, Thomas Richard DiBenedetto: “Potenzialmente l’eliminazione dall’Europa si può rivelare un bene. La squadra avrà più tempo per lavorare e i giocatori più anziani potranno riposarsi”. Resto allibito. Un patron che accoglie quasi positivamente la vergognosa eliminazione della propria squadra ai preliminari d’Europa League. Sono a bocca aperta, non ci voglio credere. E’ il peggior modo di iniziare quest’avventura. Roma non è Boston, l’Italia non è l’America, il calcio non è il baseball. Qui c’è competitività, la gente vuole lottare per vincere. Uscire dalle Coppe ad agosto è una vergogna. E’ bene che tutti se lo mettano in testa, da DiBenedetto a Luis Enrique. Passando per Sabatini e Baldini.

Capitolo allenatore. Ora è il bersaglio preferito dei più, e non v’è dubbio che molti errori (anche gravi) li stia commettendo. Ma non è il principale colpevole di questa situazione oscena. Qualsiasi mister avrebbe avuto difficoltà a preparare un match decisivo con una rosa RIDICOLA (ripeto, RIDICOLA). Luis Enrique ha sbagliato tre cambi su tre, ma non è certo per le sostituzioni che siamo usciti dall’Europa. Una Roma “normale” sarebbe tornata da Bratislava con due gol di vantaggio, senza patemi d’animo. Se, tuttavia, i giocatori a disposizione per l’impegno sono Caprari, Viviani, Verre, Simplicio, Rosi, Cicinho, Okaka e simili, cosa pretendiamo? Luis si è macchiato di pasticci enormi, ed è normale. E’ un allenatore giovane, ha bisogno di tempo per lavorare e credo sia il caso d’aver pazienza. Fermo restando tre punti chiave: 1) l’italiano, lo impari in fretta, anche per rispetto del paese dove vive; 2) la comunicazione, fin qui portata avanti con troppe frasi fatte, senza adeguati chiarimenti nei post partita in merito a scelte e decisioni; 3) la conduzione tecnica. Ok, si può sbagliare, si può incappare in un errore. Ma reiterare no, non va bene. A Bratislava fu concepito un papocchio (Okaka preferito a Totti e Borriello), nel ritorno a Roma ecco bis, tris e poker (Cicinho sostituito con Rosi e non con Heinze, Verre e non Taddei al posto di Caprari, Totti fuori per Okaka a 15′ dalla fine). Esser giovani non vuol dire potersi permettere di sbagliare all’infinito. Luis Enrique non è Mourinho, non è Guardiola, non è Capello. Meno spocchia, meno arroganza, un pelino in più d’umiltà e rispetto verso i tifosi della Roma. Che di grandi allenatori ne hanno avuti (eccome) dal 1927 ad oggi.

Questione Totti. M’interessa poco, dico la verità. In questi giorni c’è chi è più incazzato per il trattamento riservato a Francesco che per l’eliminazione dall’Europa League. Venero il mio Capitano, ma il bene primario è la Roma. Anche Totti è stato parte del maxi-pasticcio collettivo di giovedì sera, sprofondando nel tunnel degli spogliatoi (senza fermarsi in panchina ad incitare i compagni in una fase critica della partita) e perserverando nel solito silenzio post gara. Questa situazione è fastidiosa. Francesco passa da martire e il nuovo corso non fa nulla per dissipare polemiche, chiacchiere, allusioni e quant’altro. La realtà è semplice: Totti è un grande campione di 35 anni che, per poter essere ancora utile alla Roma, deve gestirsi e farsi gestire con cautela e parsimonia. Stop. Questo è quanto, senza gossip inutili e dannosi. Purtroppo la chiarezza non sembra esser il punto forte della nuova società (triste eredità del passato…) e l’equivoco continua a svilupparsi giorno dopo giorno. Ormai in città non si parla d’altro. Totti, Totti e ancora Totti. A me, personalmente, interessa il bene della Roma, il futuro della Roma, la stagione della Roma. Francesco è e resta un punto di riferimento. Ma stop alle chiacchiere e ai pettegolezzi tipici del nostro ambiente. Fanno solo male, creano veleni e alimentano tensioni.

Ultimo punto, quello che più mi sta a cuore in questo momento: il mercato. E qui chiamo in causa Walter Sabatini, (a mio parere) il maggiore responsabile dei problemi attuali della squadra. Troppo severo? Forse. Ma dico questo con estrema credibilità, e sapete perché? Perché Sabatini lo stimo da morire, e all’atto del suo arrivo ho goduto da vero tifoso. Dunque, nessun pregiudizio, nessun tipo di prevenzione. Considero Sabatini un eccellente direttore sportivo. Tutti sbagliano, è umano. Ma qui a Roma TOPPARE è ormai consuetudine. Per tutti. Che ci sia un virus a Trigoria? Chiunque entri, a prescindere da nome, blasone e importanza individuale, pare esser travolto dal vortice dell’incompetenza. Caro Walter, ma cosa combini? Zero acquisti per venticinque giorni (dal 1° al 25 agosto), Luis Enrique lasciato solo alle prese con un turno d’Europa League ed un organico imbarazzante, Vucinic venduto a soli 15 milioni senza aver in mano già il sostituto, Osvaldo strapagato (15 milioni più bonus) con Borriello (17 gol nell’ultima stagione) sbolognato altrove neanche fosse un cadavere. Poi? Siamo ad ormai quattro giorni dalla fine del mercato e le esigenze restano molteplici. Una buona notizia l’avevo avuta: l’acquisto di Kjaer dal Wolfsburg, da me caldeggiato per l’intera estate. Due milioni per il prestito, riscatto fissato a otto, sbarco a Roma, visite mediche, prima intervista. Tutto ok? Eh no, ti pare? Roma è Roma, se non si crea la magagna non siamo contenti.

Come un fulmine a ciel sereno, Kjaer se ne torna in Germania. Proprio così. Nel pomeriggio di sabato è arrivata la notizia: nella bozza del contratto inviata dal Wolsburg alla Roma, si scorge un problema. I tedeschi pretendono l’obbligo di riscatto, la Roma chiude solo col semplice diritto. Affare congelato e forse saltato. Cosa? Ma siamo pazzi? No, d’altronde è un film già visto. Vi ricordate otto anni fa, nel 2003, quando Chivu fece l’intera preparazione con la Roma per poi essere richiamato dall’Ajax a fine agosto per un presunto problema di fidejussioni? Vi ricordate il blocco del mercato del 2005 che mise a rischio gli ingaggi di Nonda, Kuffour e Taddei? Ci risiamo. Vado in paranoia. Ma come diamine è possibile? Certe assurdità accadono solo qui. Non so come andrà a finire la vicenda Kjaer, di sicuro l’eventuale perdita del centrale danese sarebbe un ulteriore danno d’immagine ENORME per il nuovo corso romanista. Non si può rimandare indietro un ragazzo che ha già effettuato le visite mediche, E’ FOLLE. Per cosa poi? Per una futile sottigliezza contrattuale.

Futile, sì. Non credo all’equivoco, sarebbe da dilettanti. Come può il Wolfsburg “regalare” Kjaer a 2 milioni senza nemmeno ottenere la garanzia dell’obbligo? Non hanno certo l’anello al naso. E poi, quale sarebbe il problema ad accettare la formula del riscatto obbligatorio? Prendere un difensore di 22 anni vuol dire credere in lui, impostare un progetto pluriennale sul ragazzo. Otto milioni tra un anno è una cifra ragionevolissima per un potenziale “big” del reparto arretrato. Che senso avrebbe prenderlo ora a due milioni e lasciarlo andare nel 2012, anche qualora avesse disputato una stagione negativa? Cosa lo si sarebbe preso a fare? Casco dalle nuvole. E la cosa che mi fa ancor più male è sentire alcuni soloni radiofonici dire “Beh, chissenefrega di Kjaer. D’altronde c’è già Cassetti che può fare il centrale”. Cosa? L’abbiamo visto il 34enne Cassetti giovedì sera cos’ha combinato? Juan ha 32 anni e non offre garanzie fisiche, Heinze ne ha 33. Il più giovane del reparto (escluso il primavera Antei) attualmente è Burdisso con i suoi 30 anni. L’innesto di un centrale giovane e di grande prospettiva è FONDAMENTALE. E qui rischiamo di perdere Kjaer. Mi auguro che tutto rientri, e che l’ennesimo squallido e ignobile tormentone finisca nel migliore dei modi. Altrimenti sarebbe da andarsi (di nuovo) a nascondere.

Una grande società cosa avrebbe fatto dopo l’orripilante e vergognosa eliminazione dall’Europa League? Si sarebbe fiondata sul mercato, regalando all’infuriato pubblico un paio di grandissimi colpi. Non è aria. Anzi, qua si rischia persino di perdere un ottimo giocatore già preso, per questioni FUTILI. Aspettiamo e vediamo. Potrei dire altre cose sconvenienti, ora. Per il resto, i giocatori da prendere restano gli stessi: un terzino (Santon l’ideale, può giocare su ambedue le fasce), due centrocampisti (Gago, Montolivo, Guarin, Thiago Alcantara…fate voi!) e una punta esterna nel caso partisse Borriello. Non si scappa, senza queste pedine (oltre a Kjaer, ovviamente) la Roma non potrebbe permettersi di guardare aldilà di una tranquilla salvezza. Continuo a percepire moderato ottimismo nell’etere romano. Si ride, si scherza, si dà fiducia, si dice che va tutto bene. Io, e i pochi che mi seguono lo sapranno, sono stato tra i difensori più acerrimi del nuovo corso. Lo sono ancora, in parte. Non mi tiro indietro. Non faccio il becero romanista che ad agosto butta tutto alle ortiche. Però inizio ad essere seriamente preoccupato. La stagione è iniziata, l’Europa è andata a farsi benedire, il mercato è fiacco. La proprietà vive ancora in un mondo tutto suo (diamo tempo agli americani di sentirsi più “romani”…), la dirigenza annaspa (di Sabatini ho parlato e Baldini né si sente né si vede, per ora), squadra e allenatore arrancano e perdono. Oggi mi fermo qui. Ci ritroveremo al termine del mercato, con la definitiva rosa sotto gli occhi. Speriamo di tirare un bel sospiro di sollievo e archiviare questi caldi giorni d’amarezza e delusione.

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