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Il pagellone della settimana: divini Ibra e JoJo, bentornati Totti e Milito. E’ il week-end dei campioni

9 gennaio 2012 1.195 views Nessun Commento

(di Alessio Nardo) La classe non è acqua, soprattutto nel calcio. Lo sanno bene i tifosi di Milan e Fiorentina, rapiti dalle magie di Zlatan Ibrahimovic e Stevan Jovetic, due dei più forti fuoriclasse del nostro campionato. La Roma e l’Inter si forgiano dell’usato sicuro: Francesco Totti torna al gol dopo otto mesi, Milito ritrova la gloria di San Siro. E la Lazio? Pesanti i quattro schiaffoni a Siena, Reja all’indiscutibile signorilità sommi attributi e abilità utili a ripartire. Segmento “negativo” del nostro pagellone dedicato a Pellissier, bomber in astinenza, all’affare Borriello, alle papere di Antonioli, ai danni di Russo e ai disastri di due presidenti in confusione: Preziosi e Zamparini.

ZLATAN IBRAHIMOVIC voto 10
E’ il Re della giornata e del campionato, il sovrano della Serie A. C’è poco da fare, quando Ibra s’accende son dolori per tutti. Straripante, strapotente, incontrastabile. Con quel fisico da spavento, con quei due piedi fatati e incantevoli continua a trascinare il Milan in vetta. I compagni svolgono l’ordinaria amministrazione, lui fa tutto il resto. Segna, fa segnare, attira le marcature, orchestra il gioco e regala qualche numero “goloso” alle telecamere. E’ in gran forma, sta bene e si diverte. Ora, oltre a dare l’assalto al suo ennesimo scudetto, Zlatan da febbraio dovrà superare l’esame più duro e atteso: la Champions. Palcoscenico che fin qui, in oltre dieci anni di carriera, non lo ha mai visto sul trono dei protagonisti.

STEVAN JOVETIC voto 9
C’è un giocatorino del quale si continua a parlare poco, troppo poco. Sarà per l’anonimo periodo della Fiorentina, sarà perché in fondo sono altri a catturare l’attenzione dei media. Lui, Stevan, aveva un solo segno particolare: la capigliatura folta e riccioluta. Da quando si è autoimposto un nuovo look, si è nascosto ancor meglio tra la folla. Eppure, il campo continua a narrare di imprese importanti e giocate da fuoriclasse. Jovetic è il solo ed unico trascinatore della Fiorentina. Classe pura e cristallina, personalità da leader, abilità nello sfornare prodezze squisite e risolutive. A Novara segna di rigore e di magia, rilanciando le quotazioni viola. Ventitre anni da compiere, nove gol stagionali ed un intero anno (l’ultimo) gettato al vento a causa di un ginocchio disastrato. Ora Stevan c’è, ed è pronto a prendersi tutto: presente e futuro.

FRANCESCO TOTTI voto 8
Caro Francesco, il tuo pubblico ti aspettava. Troppi otto mesi d’attesa. Lunghi, eterni, eccessivi, insopportabili. Duecentotrenta giorni senza gol ed un 2011 chiuso con un velo d’amara incredulità. Il tormentone era ripartito: “Totti è sul viale del tramonto”. Ma lui, il campione dalle mille vite, non ha ascoltato la solita nenia, proseguendo per la sua strada. Le piccole fratture iniziali con Luis Enrique sono state ricomposte, pian piano la nuova Roma ed il suo Capitano si sono ritrovati mano nella mano. Francesco ha riscoperto il piacere di agire da trequartista puro, orchestrando e gestendo il gioco a metà campo. Il gol? Questione di tempo. C’era andato vicino molte volte, l’ha ritrovato su rigore. Due penalty perfetti alle spalle di Sorrentino, con lo spettro di Buffon scacciato per sempre. La Roma si coccola la sua leggenda ed incamera la terza vittoria consecutiva. Pian piano, si va.

DIEGO MILITO voto 7
Anno nuovo, Milito nuovo. Siamo in molti a domandarci: caro Diego, di quale panettone e/o pandoro energetico ti sei nutrito durante le feste natalizie? Pronti e via, il 2012 ci regala un’Inter da favola, guidata da un Principe in versione triplete. Il fantasma abulico e inconsistente delle scorse settimane ha lasciato spazio al fenomeno di un tempo, capace di far reparto da solo e concretizzare ogni minima situazione intrigante in area di rigore. Certo, una mano gliel’hanno fornita Alvarez e Maicon, autori di assist di platino. Ma Milito si è fatto trovare pronto all’appuntamento, divertendosi anch’egli nel ruolo di suggeritore nella ripresa, mandando in gol l’amico e collega Pazzini. Gli anni sono quasi 33, ma è bene posticipare pensioni e tramonti. Diego ha voglia di tornare a fare sul serio. E ora, il derby.

EDY REJA voto 6
L’atroce pomeriggio senese della Lazio si divide in due parti. La prima, da brividi. Il confuso Reja propone un undici iniziale da mani nei capelli, con gente improponibile in campo (Scaloni, Stankevicius, Cana) e assolute garanzie sconfinate in panchina (Diakité, Dias, Hernanes). Il risultato è subito evidente: i toscani, forti di tre marce in più, sovrastano l’avversario in lungo e in largo. Destro su azione e Calaiò dal dischetto completano il delitto perfetto: 4-0, che botta! Tutto troppo brutto, a dir poco inaccettabile. Poi c’è il resto. Ovvero, l’umiltà e la signorilità di un tecnico di 66 anni che non cerca scuse. Anzi, le chiede al suo pubblico e alla sua gente. Il campionato della Lazio sembra ricalcare quanto visto un anno fa: partenza show, lento e graduale ridimensionamento. Così non si va lontano. Edy deve riprendere il comando delle operazioni e mantenere in vita il bel giocattolo biancoceleste.

SERGIO PELLISSIER voto 5
Al Chievo si sta bene, si sa. Tra un pandoro e l’altro, i risultati arrivano sempre. Merito della competenza di una società forte, che fa dei “fatti” il proprio credo e lascia agli altri l’arte della chiacchiera a vanvera. Pochi proclami, fanfare azzerate ed un chiaro obiettivo in testa: la salvezza, da perseguire anno dopo anno. Anche in questa stagione le cose stanno andando bene. Mimmo Di Carlo, ancora atteso al salto di qualità in piazze più calde, si trova a suo agio a Verona e i risultati lo testimoniano. Certo, si potrebbe fare qualcosina in più. Perché no? Magari davanti, in attacco, dove manca il contributo del goleador clivense per eccellenza: Sergio Pellissier. Un capitano, una bandiera, una garanzia assoluta. Almeno fino a qualche mese fa. In questa stagione, Sergio è fermo a quota tre gol. Davvero pochi per un “big” del suo calibro.

AFFARE BORRIELLO voto 4
Diciamolo subito: la qualità e l’effettiva efficienza della prima grande operazione del mercato di gennaio saranno dimostrate solo dal campo. Per ora, davvero non riusciamo a capire il perché di una trattativa frettolosa, frenetica e chiusa nel giro di poche ore. La Roma si è voluta liberare alla svelta del suo ex trascinatore (capocannoniere giallorosso della scorsa stagione con 17 gol), sbolognandolo ad una potenziale diretta concorrente in campionato e in Coppa Italia, non avendo nemmeno in mano il sostituto. E (pluff!) scherzo del destino, due giorni dopo l’ufficializzazione dell’addio di Borriello, si è fatto male Osvaldo in allenamento. E la Juve? Ha un attaccante di valore in più, certo. Ma serviva? Con Matri titolare, Quagliarella recuperato e tre ex azzurri (Iaquinta, Toni e Amauri) trattati da appestati. Il tifo bianconero, intanto, ha già fatto intendere il proprio pensiero sul nuovo arrivato…

CARMINE RUSSO voto 3
E’ il fratello virtuale di Rodrigo Palacio, gli manca solo l’orripilante codino a “coronamento” della pelata. Purtroppo, Carmine Russo da Nola continua a non essere un grande arbitro. Dove c’è lui, ci sono danni. E non è un caso che ne commetta a valanga quando si trova dinanzi alla Roma. I colori giallorossi gli fanno tornare in mente la malinconica serata di Brescia del 22 settembre 2010, quando ne combinò una dopo l’altra, macchiandosi d’errori gravissimi e indimenticabili. Il pubblico dell’Olimpico, durante il match col Chievo, lo ha beccato in continuazione, ed egli ha dimostrato scarsa serenità. Ha concesso il primo rigore, forse il più generoso, per fallo di Frey su Lamela. Poi ha sorvolato su due interventi “omicidi” in area ai danni di Bojan, salvo “pentirsi” ed assegnare il secondo penalty al terzo episodio incriminato nella ripresa. Insomma, il tutto e il contrario di tutto. Inutile girarci intorno: Russo non è un fischietto da Serie A.

FRANCESCO ANTONIOLI voto 2
Quando si dice: “voler restare aggrappati alla poltrona”. Stavolta per poltrona s’intende la porta e narriamo di un grande vecchio, un’autentica istituzione del campionato italiano. Quando la Roma “prescudettata” lo acquistò nell’estate del 1999, qualcuno storse il naso. Non per la qualità del portiere, ma per l’anagrafe: “Ha 31 anni, non sarà troppo vecchio?”. E’ trascorso più di un decennio, e Antonioli è ancora lì. Certo, i tempi di Roma e del tricolore sono lontani. La realtà ora è diversa e si chiama Cesena, un incubo Serie B da sventare a fatica. Alla soglia dei 43 anni, Antonioli inizia a perdere colpi importanti. Ce lo ricordiamo al “Manuzzi” contro l’Inter nel tentativo (riuscito) di regalare un gol a Ranocchia. E lo abbiamo rivisto ieri, con l’Udinese, esibirsi in papere e doppie papere sulle conclusioni di Asamoah e Basta. Eh sì, forse sarebbe il caso di dire “basta” a fine stagione.

ENRICO PREZIOSI voto 1
La convinzione è sempre più nitida: il male del calcio sono soprattutto “certi” presidenti. Arroganti, presuntuosi, più impegnati a dar luce a sé stessi che alle proprie squadre, parlando e sparlando un po’ ovunque senza badare ai fatti. Uno di questi (non ce ne voglia…) è Enrico Preziosi, patron di un Genoa privo di capo e coda. Da almeno un paio d’anni, l’ex presidente del Como è andato in bambola e non ne vuol sapere di uscire dal tunnel. Campagne acquisti sballate e scelte incomprensibili. Ad esempio, quella di mandar via il povero Alberto Malesani (ottimo allenatore e serio professionista) prima di Natale, per ingaggiare Pasquale Marino, uno che negli ultimi anni ha fallito dappertutto. La domanda è: perché? Perché cambiare tanto per cambiare? Dov’è la logica? Dov’è la strategia? Dov’è il senso del lavoro quotidiano? Risposta: chissà. Si va avanti alla giornata, scegliendo di pancia e d’istinto. Mai di testa. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

MAURIZIO ZAMPARINI voto 0
Se non possiamo non parlare male di Preziosi, che dire di Zamparini? Rischiamo di essere ripetitivi e lo sappiamo, ma è davvero frustrante ammirare una piazza come Palermo (calda, passionale, avvolgente) distrutta e ammainata dal suo stesso condottiero. Solo otto mesi fa, l’intero capoluogo siciliano si muoveva in massa per raggiungere la Capitale. Appuntamento? Una finale di Coppa Italia: storia, leggenda, una serata epica. Entusiasmo alle stelle, spento dai gol di Eto’o e dalla follia zampariniana. Da quella sconfitta, il disastro. Squadra rivoluzionata, allenatori cambiati neanche fossero calzini ed una realtà attuale ai limiti del grottesco. Il Palermo di oggi, semplicemente, non è una squadra ed è persino legittimo. I giocatori appaiono demotivati, delusi, probabilmente esausti. Zamparini, firmatario dell’ennesimo fallimento, dov’è? Dove si è nascosto? L’unica certezza è che entro poche settimane a farne le spese sarà l’incolpevole Mutti. Sai che novità.

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