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Il pagellone della settimana: Ibra supremacy, Mauri uomo derby. La disfatta di arbitri e assistenti

5 marzo 2012 1.457 views Nessun Commento

(di Alessio Nardo) Torna e fa paura, segna e fa tremare. Zlatan Ibrahimovic vola di diritto al primo posto del nostro pagellone: tre gol strepitosi al Palermo, Milan in vetta e Juve impaurita. Conte perde colpi, i bianconeri sono stanchi e il sogno scudetto ora è appeso ad un filo. Parliamo anche del derby, visto dagli opposti orizzonti: esulta la Lazio di Mauri, jolly ritrovato e goleador, piange la Roma di un Luis Enrique sempre più in crisi. Tre attaccanti da segnalare in positivo: Lavezzi, Moscardelli e Forlan. Quest’ultimo trova il primo gol a San Siro con la maglia dell’Inter, anche grazie al contributo maldestro di Carrizo. Chiusura col Cesena (a picco), i soliti indegni ululati razzisti ed il momento “penoso” vissuto da arbitri e assistenti di linea.

ZLATAN IBRAHIMOVIC voto 10
L’uomo del week-end, letteralmente devastante al “Barbera”. Il Milan ritrova il suo condottiero offensivo ed espugna Palermo in scioltezza, facendosi due sbadigli e autocompiacendosi. Basta dare il pallone a Zlatan, ci pensa lui. Primo gol di rapina, secondo di classe e furbizia, terzo da fuoriclasse. In mezzora, il gioco è fatto ed il sortilegio interrotto: da cinque sfide consecutive, infatti, il Diavolo perdeva in terra rosanero. Stavolta arriva un 4-0 perentorio. Ibra show, Ibra supremacy. E la Juve inizia a vedere le streghe.

STEFANO MAURI voto 9
E’ mancato tanto, troppo a questa Lazio. Quattro mesi d’assenza. Lunghi, infiniti. Di Stefano Mauri s’erano perse le tracce, in molti iniziavano anche a sospettare una sua fuga negli Stati Uniti per via dell’intricata vicenda scommesse. In realtà, una volta tornato in forma, Reja lo ha subito rispedito in campo. Dal suo rientro, nel compromesso secondo tempo di Palermo, la storia è cambiata. La Lazio ha ritrovato una risorsa essenziale sul piano tattico, tecnico e fisico. Jolly utile per tutte le stagioni, vero segreto del derby. Viene schierato da trequartista sinistro (e capitano) ed è un costante pericolo per la traballante difesa romanista. Realizza il suo primo gol nella stracittadina, firmando il primo successo biancoceleste in casa della Roma dopo 14 anni d’attesa.

EZEQUIEL LAVEZZI voto 8
Il primo pomeriggio a Parma è sinonimo di sciagura arbitrale. Valeri e i suoi assistenti ne combinano di ogni colore, compresa la convalida del decisivo 2-1 di Lavezzi, viziato da chiaro fuorigioco del Pocho. Aldilà dell’episodio discusso, l’attaccante argentino del Napoli è ormai una garanzia assoluta a livello internazionale. Ex fantasista incompiuto, Mazzarri in due stagioni lo ha trasformato nel più grande faticatore di qualità esistente sulla faccia della terra. Un giocatore che da solo ne fa tre: veloce come un esterno, muscolare come un mediano, tecnico e rapido come una punta (e punta, difatti, è). La stella del Napoli è Cavani, ma l’anima, il cuore, la sostanza rispondono al nome di Ezequiel Ivan Lavezzi.

DAVIDE MOSCARDELLI voto 7
E’ uno di quei calciatori totalmente indecifrabili. A volte assente, svagato, fuori dal gioco, persino goffo. Altre volte, come sabato a Torino, lo si vede entrare in campo con un impatto stratosferico sulla partita. Potente, determinato, ispiratissimo e decisivo. Contro la Juve va prima ad un passo dal pareggio con un’incornata prepotente, poi costruisce da maestro l’azione dell’1-1 di Dramé. Bella soddisfazione (da romanista) e qualche logico rimpianto di Di Carlo. Se Moscardelli fosse sempre questo, Paloschi e Pellissier farebbero molta più panchina. E il Chievo si godrebbe un’arma offensiva di prima grandezza.

DIEGO FORLAN voto 6
Finalmente, è il caso di dirlo. Dopo svariati mesi ad attenderlo invano, l’Inter riscopre di avere in rosa il centravanti titolare dell’Uruguay quarta ai mondiali sudafricani e trionfatrice dell’ultima edizione della Copa America, e non la sua sbiadita controfigura. Fin qui un solo gol in stagione (l’inutile 3-4 a Palermo, prima di campionato), prolungata sosta ai box per infortunio e molte prestazioni scialbe, nettamente al di sotto delle attese. Penalizzato sì dal cambio di nazione (approdato in Italia dopo tanti anni in Spagna) ma anche da un posizionamento tattico non proprio adeguato alle sue caratteristiche (esterno destro d’attacco). Col Catania, Diego si risveglia, tornando al gol (anche grazie a Carrizo) e dimostrandosi il nerazzurro più vivace e vitale in campo.

ANTONIO CONTE voto 5
Fino a tre settimane fa, Conte era l’uomo più importante, influente e decisivo del campionato. Leader e condottiero della sua Juve, capace di instaurare e trasmettere una mentalità del tutto nuova (e vincente) ad una gruppo reduce da due anni mediocri. Temuto, rispettato, da qualcuno persino odiato, il tecnico bianconero ha perso un po’…la bussola. Dalle dichiarazioni polemiche post Parma-Juve (del 15 febbraio) ad oggi, qualcosa è cambiato. Nervoso, un pelino più insicuro. E la squadra sembra risentirne, visti i risultati non sfavillanti ottenuti nelle ultime settimane. Alcune sue scelte non convincono: Borriello-Quagliarella titolari col Milan, spariti col Chievo. Due o tre elementi boccheggiano per il campo, eppure non ci si affida a gente fresca, trascurata in maniera forse troppo severa (Krasic ed Elia, ad esempio). Il Milan ha ritrovato forma e Ibra, la Juve deve tornare ad esser la Juve. Altrimenti il sogno scudetto rischia di sfuggire.

JUAN PABLO CARRIZO voto 4
Aveva fatto molto bene fin qui, ergendosi a guardiano affidabile del Catania di Montella. Lui, meteora della Lazio, di nuovo in Italia, voglioso di riscatto. Non semplice raccogliere l’eredità di Andujar, ma Carrizo si è calato nella nuova realtà con la giusta mentalità, sino al primo esame vero e duro: la trasferta di Milano con l’Inter. In due parole, un disastro. Il portierone argentino passa il primo tempo a respingere in modo maldestro i tiri degli avanti nerazzurri. Sul più bello, nella ripresa, decide di addormentarsi sulla botta di Forlan, regalando l’1-2 ai rivali e propiziando il completamento della rimonta. Addio ai preziosi tre punti, che disdetta. Che papera.

IGOR CAMPEDELLI voto 3
La moda zampariniana o celliniana spesso attrare i presidenti neofiti, giovani imprenditori entusiasti, vogliosi di darsi una certa immagine, sinonimo di forza e intransigenza. Il presidente del Cesena, solo omonimo del collega del Chievo (al quale andranno rinnovate per decenni svariate dosi di complimenti), quest’anno ne ha veramente combinate di ogni colore. Ha sì costruito una buona squadra sul mercato, puntando su gente non certo da Serie B (Mutu e Iaquinta in primis) ma ha anche gestito malissimo la situazione panchina. Prima Giampaolo, poi Arrigoni, infine Beretta. Tante variazioni, molta confusione. Risultato? Sconfitte su sconfitte ed un gruppo demoralizzato, con l’ultimo arrivato in panchina che decide di fare fuori Mutu prima di Firenze. Una scelta forte e sbagliata. In momenti così disperati, i migliori van fatti giocare. Ma poi, Arrigoni stava andando così male da meritare l’esonero?

LUIS ENRIQUE voto 2
In certi casi non è essenziale fare molti discorsi, procedere a voluminosi giri di parole. Bastano i fatti, i dati, l’evidenza. Parliamo della Roma e la situazione da snocciolare è questa: sesto posto in classifica, a meno dieci punti dal terzo (occupato dalla Lazio), due derby persi in campionato (non accadeva da quattordici anni), eliminazione dall’Europa League ad agosto e dalla Coppa Italia ai quarti di finale con la Juventus, con tanto di umiliante 0-3. In tutto ciò, la squadra, da settembre ad oggi, non ha compiuto il benché minimo passo in avanti sul piano dell’organizzazione. In difesa si commettono sempre gli stessi errori, il centrocampo è molle, l’attacco s’affida ai singoli (che si chiamino Osvaldo, Borini o Totti…). Insomma, si può andare avanti a dire che va tutto bene? No, sarebbe da imbonitori. La Roma è si un cantiere, ma (ad oggi) vuoto d’idee e contenuti.

IMBECILLI ALLO STADIO voto 1
La settimana pre-derby era stata segnata dalla partecipazione di quattro importanti personalità all’evento “Roma e Lazio unite contro il razzismo e l’antisemitismo”. Presenti Walter Sabatini, Fabio Simplicio, Igli Tare e Christian Brocchi. Molte belle parole, buoni propositi, bei messaggi da spedire all’esterno. Poi, ovviamente, arriva la domenica, lo stadio e quanto “detto” va a farsi benedire. Gli imbecilli diventano primi protagonisti. In primis alcuni signorini presenti in Curva Nord, che accendono un duello rusticano con Juan, il quale risponde stizzito e imbelvito con l’indice davanti alla bocca. E giù ancora buh, buh, buh. Perché ancora oggi, nel 2012, esser “negri” per qualcuno è sinonimo di bruttezza, inferorità, negatività. Poi ci si mettono alcuni romanisti, che all’ingresso di Diakité nel finale replicano ai rivali con medesima moneta. Ecco, lo stadio è ancora popolato (seppur in minima parte) da tali soggetti. Occupiamocene, ma per davvero.

ARBITRI & GUARDALINEE voto 0
C’erano una volta i Collina, i Braschi, i Paparesta. Gente che a volte commetteva degli errori (com’è umano che sia), ma non sforava mai nel ridicolo, nel patetico. Ora come ora stiamo davvero raschiando il fondo. Nelle ultime partite di campionato, i signorini col fischietto si stanno rendendo protagonisti di topiche mostruose, con quel tipico atteggiamento da saccenti che indispettisce giocatori in campo e tifosi sugli spalti. Senza contare il contributo misero degli assistenti, spesso peggiori degli arbitri stessi. Pensiamo solo al gol non visto di Muntari con la Juve, al fuorigioco di Lavezzi a Parma, al secondo gol del Catania a San Siro con l’Inter, anch’esso viziato da chiara posizione di offside di Marchese. Al “Tardini”, il top. Valeri e i guardalinee, in tre, sbagliano tutto il possibile, danneggiando il povero Parma, ritrovatosi con un gol fasullo incassato all’86′ e due rigori negati.

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